Quattro anni di carcere per gli adolescenti pale­sti­nesi che lanciano pietre

Quattro anni di carcere per gli adolescenti pale­sti­nesi che lanciano pietre

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Gerusalemme . Niente spazio alla politica, il gabinetto di sicurezza israeliano presieduto dal premier Netanyahu ha deciso misure durissime contro coloro che scagliano pietre e molotov. Restano impuniti invece gli assassini di Ali, Saad e Riham Dawabsha, arsi vivi nel rogo di Kfar Douma

La Pale­stina esi­ste, non solo sulla carta. All’Expo, all’Onu, alla Corte penale inter­na­zio­nale, nello sport. In que­sti giorni, ad esem­pio, la nazio­nale di pal­la­ca­ne­stro pale­sti­nese ha bat­tuto net­ta­mente Filip­pine, Honk Kong e Kuwait in match per il titolo asia­tico della Fiba. E qual­che set­ti­mana fa la nazio­nale di cal­cio pale­sti­nese, in una par­tita per le qua­li­fi­ca­zioni ai Mon­diali, ha fer­mato sul pareg­gio i più talen­tuosi Emi­rati. E in giro se ne parla, come della ban­diera pale­sti­nese che sven­to­lerà tra qual­che giorno al Palazzo di Vetro. Il governo Neta­nyahu invece non rico­no­sce il diritto ad esi­stere della Pale­stina. Per il pre­mier israe­liano e i suoi mini­stri piut­to­sto è comin­ciata un’altra bat­ta­glia con­tro il “ter­ro­ri­smo”. Il rifiuto dei pale­sti­nesi dell’occupazione di Cisgior­da­nia, Gaza e Geru­sa­lemme Est, per Neta­nyahu e il gabi­netto di sicu­rezza è solo una mani­fe­sta­zione del “ter­rore” che va com­bat­tuta anche sbat­tendo in car­cere, per anni, i ragaz­zini di 14 anni che lan­ciano pie­tre con­tro le auto dei coloni israeliani.

Come gli altri che lo hanno pre­ce­duto, anche que­sto governo israe­liano non com­prende che non saranno gli anni di car­cere, la repres­sione, i colpi spa­rati dai tira­tori scelti, la pri­gione per migliaia di pale­sti­nesi, le multe salate, a fer­mare chi da decenni chiede di essere libero. Due giorni fa, su Maa­riv, l’analista Ran Ede­list ha pro­vato a spie­gare a Neta­nyahu che i suoi ten­ta­tivi di argi­nare la vio­lenza a Geru­sa­lemme sem­pli­ce­mente creano altra vio­lenza. «Dob­biamo ancora ripren­derci dall’iniziativa del mini­stro per Geru­sa­lemme, Zeev Elkin, volta a sosti­tuire i libri sco­la­stici pale­sti­nesi con libri di testo israe­liani (cosa faremo la pros­sima volta, sosti­tui­remo il Corano con la Bib­bia?) che arriva il mini­stro della pub­blica sicu­rezza Gilad Erdan a minac­ciare i giu­dici mise­ri­cor­diosi verso i lan­cia­tori di pietre…il primo mini­stro ha annun­ciato che chiun­que sca­glierà di pie­tre o bombe incen­dia­rie pagherà un prezzo molto pesante. Iste­ria, per­dita di pro­por­zione e modi di agire che creano le con­di­ziooni per la pros­sima ondata di spar­gi­mento di san­gue. Vuoi pro­teg­gere i resi­denti di Geru­sa­lemme? Con­si­dera i quar­tieri pale­sti­nesi come luo­ghi che in cui vivono delle per­sone e non dei nemici e avvia nego­ziati auten­tici con i pale­sti­nesi», ha scritto Ran Edelist.

Parole cadute nel vuoto. Incu­rante delle forti per­ples­sità espresse anche dalla Pro­cura gene­rale dello stato, il gabi­netto di sicu­rezza israe­liano ha deciso l’imposizione di pene minime deten­tive di quat­tro anni per i ragazzi di 14–18 anni che a Geru­sa­lemme lan­ce­ranno bot­ti­glie molo­tov o altri ”ordi­gni letali”. Gli agenti di poli­zia faranno rife­ri­mento ad altre regole d’ingaggio. Finora, almeno uffi­cial­mente, pote­vano spa­rare solo se si tro­va­vano in peri­colo imme­diato di vita. Adesso potranno farlo anche se, a loro giu­di­zio, altre per­sone rischie­ranno vita. Il gril­letto facile per­ciò sarà la regola, per­sino più che in pas­sato. Agli agenti sarà dato in dota­zione un fucile con pro­iet­tili di pic­colo cali­bro (22), rite­nuti non letali e che già sono usati con­tro le mani­fe­sta­zioni pale­sti­nesi in Cisgior­da­nia (lo scorso anno un atti­vi­sta ita­liano, Patrick Corsi, fu ferito gra­ve­mente da uno di que­sti pro­iet­tili che si fermò tra cuore e pol­mone). Altre misure allo stu­dio sono le multe ai geni­tori di ragazzi di 12–14 anni sco­perti a lan­ciare pie­tre o bot­ti­glie incen­dia­rie e la sospen­sione di ogni tipo di assi­stenza sociale ai con­dan­nati. Uffi­cial­mente que­sti prov­ve­di­menti saranno impie­gati anche nei con­fronti dei cit­ta­dini israe­liani ebrei. Lo scet­ti­ci­smo in casa pale­sti­nese è forte.

D’altronde è davanti agli occhi di tutti il com­por­ta­mento delle auto­rità israe­liane quando sul banco degli accu­sati ci sono i coloni che vivono a Geru­sa­lemme Est e in Cisgior­da­nia. Men­tre forze di sicu­rezza, Knes­set e governo sono scat­tati per fer­mare, con prov­ve­di­menti pesanti, i pale­sti­nesi che lan­ciano pie­tre e bot­ti­glie molo­tov, appa­iono alquanto lenti con coloro che alla fine di luglio nel vil­lag­gio di Kafr Douma (Nablus) hanno bru­ciato vivi tre pale­sti­nesi: Ali Dawab­sha, 18 mesi, il padre Saad e la madre Riham (in vita resta solo il fra­tello Ahmad, 4 anni, con ustioni sul 60% del corpo). Sono pas­sati due mesi da quella notte è non si sa nulla dell’andamento delle inda­gini, nono­stante lo stesso eser­cito israe­liano abbia comu­ni­cato che i respon­sa­bili dell’incendio sono senza alcun dub­bio degli estre­mi­sti ebrei. Gli ultimi svi­luppi risal­gono a qual­che set­ti­mana. Il mini­stro della difesa Moshe Yaa­lon ha detto che l’identità degli assas­sini è nota agli inve­sti­ga­tori ma non è stata sve­lata per impe­dire che sia sco­perto un infor­ma­tore. Un po’ poco di fronte a tre per­sone arse vive.



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