Caso Skripal. Per Washington i russi ora «sono tutti spie» e ne espelle 60
NEW YORK. Donald Trump ha ordinato l’espulsione di 60 diplomatici russi e la chiusura del consolato russo di Seattle, contribuendo alla più grande operazione concordata tra gli Stati uniti e le nazioni europee. L’obiettivo: punire congiuntamente Mosca per il caso Skripal, l’ex spia del Kgb avvelenata insieme alla figlia il 4 marzo scorso a Salisbury, in Gran Bretagna.
GLI ALTI FUNZIONARI dell’amministrazione Trump hanno detto che tutti e 60 i russi espulsi erano spie, ed erano negli Usa sotto copertura diplomatica, inclusa una dozzina di impiegati presso le Nazioni Unite. L’amministrazione ha deciso di prendere questa iniziativa per inviare un messaggio ai leader russi sul numero «inaccettabilmente alto» di loro agenti presenti negli Usa.
Poco dopo l’annuncio, la portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert, ha rilasciato una dichiarazione: «Gli Usa invitano la Russia ad accettare la responsabilità delle proprie azioni e a dimostrare al mondo che è in grado di onorare i propri impegni e le proprie responsabilità internazionali come membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per sostenere la pace e la sicurezza internazionali». Nauert ha aggiunto che gli Usa «intraprendono queste azioni per dimostrare la nostra incrollabile solidarietà con il Regno Unito e per imporre serie conseguenze alla Russia per le continue violazioni delle norme internazionali». Nel frattempo anche Nikki Haley, ambasciatrice americana all’Onu, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che dodici funzionari della Missione Russa presso l’Onu, hanno abusato dei loro privilegi di residenza negli Stati uniti. «Qui a New York, la Russia usa l’Onu come rifugio sicuro per attività pericolose all’interno dei nostri confini».
I RUSSI ESPULSI hanno sette giorni per andarsene. Haley ha giustificato la chiusura del consolato di Seattle come un problema di controspionaggio, a causa della sua vicinanza a una base della Marina degli Stati uniti. In una dichiarazione, la segretaria stampa della Casa bianca, Sarah Huckabee Sanders, ha affermato che «Le azioni di oggi rendono gli Stati uniti più sicuri e riducono la capacità della Russia di spiare gli americani».
La mossa è stata l’azione più significative dell’amministrazione Trump per prendere le distanze da Mosca. Meno di una settimana fa Trump si era congratulato telefonicamente con Putin per la sua rielezione, nonostante un memo del suo a ex avvocato e dei suoi collaboratori lo invitassero a non farlo. In quell’occasione non aveva sollevato il caso di spionaggio, rinnovando le voci sul fatto che il presidente degli Stati uniti sia troppo debole con il Cremlino.
LE AZIONI DEGLI USA sono arrivate quando più di una dozzina di nazioni, incluse alcune vicine alla Russia, erano pronte ad annunciare misure simili per ridurre la presenza diplomatica della Russia nei loro Paesi.
I russi, dal canto loro, hanno risposto in modo preventivo alle minacce della prevista espulsione, attraverso una serie di messaggi sui social media. L’ambasciata russa in Usa ha domenica sera aveva twittato: «La stabilità strategica di tutto il mondo dipende dalle relazioni Russia-Stati uniti che non dovrebbe essere prese in ostaggio da storie che sono chiaramente delle messe in scena».
La vicenda delle espulsioni ha immediatamente superato in rilevanza la notizia del giorno, l’intervista alla trasmissione televisiva «60 minutes» con la porno attrice ed ex amante di Trump Stormy Daniels, che oltre a raccontare dettagli dei suoi intercorsi erotici non protetti col presidente, ha riferito di essere stata minacciata, insieme a sua figlia, per non parlare con la stampa che già nel 2011 voleva sapere di questa relazione. Come in un vecchio film sulla mafia l’attrice ha raccontato di essere stata approcciata in un parcheggio da un uomo che le avrebbe detto: «Lascia in pace Trump. Dimentica questa storia» per poi aggiungere: «Che bella bambina. Sarebbe veramente un peccato se accadesse qualcosa a tua mamma».
FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO
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