Yemen, un paese devastato dove l’impunità è divenuta endemica

Yemen, un paese devastato dove l’impunità è divenuta endemica

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Lo Human Rights Council delle Nazioni Unite ha promosso, nel settembre 2017, la costituzione di un Gruppo di esperti per monitorare e riferire sulla situazione dei diritti umani nello Yemen, da lei presieduto. Quali sono il mandato ricevuto e gli obiettivi del vostro lavoro?

Il Gruppo di Eminenti Esperti internazionali e regionali sullo Yemen (GEE) è stato istituito dalla risoluzione 36/31 dello Human Rights Council, adottata il 29 settembre 2017. Nel 2020 il gruppo di esperti ha presentato il suo terzo Rapporto alla 45a sessione dello Human Rights Council, dopo un primo Rapporto nel 2018 (A/HRC/39/43) e un secondo (A/HRC/42/17) nel 2019. Il periodo coperto va dal 2014 al luglio 2020. Tre esperti compongono il GEE: Melissa Parke (Australia) e Ardi Imseis (Canada), che ha sostituito Charles Garraway (Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord), oltre a me come presidente.

I termini del mandato sono i seguenti:

  1. a) Monitorare e riferire sulla situazione dei diritti umani, condurre indagini approfondite su tutte le accuse di violazioni del diritto internazionale sui diritti umani e violazioni del diritto internazionale umanitario, inclusa la possibile dimensione di genere di tali violazioni, presumibilmente commessi da tutte le parti in conflitto dal settembre 2014, al fine di stabilire fatti e circostanze e, per quanto possibile, identificarne gli autori.
  2. b) Formulare raccomandazioni generali sui modi per migliorare il rispetto, la protezione e l’adempimento del diritto internazionale sui diritti umani e del diritto internazionale umanitario e fornire indicazioni sull’accesso alla giustizia, la definizione delle responsabilità, la riconciliazione.
  3. c) Dialogo con le autorità yemenite e con tutte le parti interessate – in particolare le organizzazioni competenti delle Nazioni Unite, la presenza sul campo dell’Ufficio dell’Alto Commissario in Yemen, le autorità degli Stati del Golfo e della Lega degli Stati arabi – al fine di scambiare informazioni e fornire sostegno agli sforzi nazionali, regionali e internazionali, per promuovere l’accertamento delle responsabilità per le violazioni dei diritti umani e gli abusi e le violazioni del diritto internazionale umanitario nello Yemen.

 

A distanza di tre anni dal vostro incarico, è possibile fare un bilancio della vostra attività, dei suoi risultati e delle prospettive?

Da sei anni la guerra nello Yemen sta infuriando senza che se ne intraveda la fine. Come nei suoi Rapporti precedenti, il Gruppo di Esperti ha continuato a indagare e trarre conclusioni sulle violazioni, le quali mostrano che tutte le parti in conflitto stanno causando un costante danno ai civili. Che si tratti di attacchi aerei illegali, bombardamenti indiscriminati, ostacoli agli aiuti umanitari, mine terrestri, detenzioni arbitrarie, torture, violenza sessuale e sparizioni forzate, attacchi a giornalisti, difensori dei diritti umani e delle minoranze, violazioni dei diritti di donne, uomini, migranti e bambini (compresi i bambini-soldato), l’impunità è endemica e lo Yemen è un paese devastato. Questo è il titolo del nostro terzo Rapporto, Yemen: la pandemia dell’impunità in una terra torturata.

Le ostilità sono in corso e si sono intensificate – principalmente nella seconda metà del 2019 – insieme a una crescente frammentazione dell’autorità militare e politica. Anche il clima di paura per tutti coloro che vivono nello Yemen è cresciuto, nonostante gli accordi politici e le discussioni ad alto livello tra i principali attori.

Il 28 luglio 2020, al Consiglio di Sicurezza, il coordinatore degli aiuti di emergenza Mark Lowcock ha affermato che le ostilità sono aumentate in tutto il paese, con 43 linee di fronte attive – rispetto alle 33 di gennaio – e una crescita di episodi che hanno causato danni ai civili per il terzo trimestre consecutivo.

Le sfide politiche e militari sono aumentate di dieci volte con l’apparizione del Covid-19. Nonostante il Segretario generale delle Nazioni Unite abbia chiesto un cessate il fuoco globale per poter così concentrare tutti gli sforzi sulla prevenzione del pericolo posto dalla pandemia – appello al quale è seguita una richiesta specifica per un cessate il fuoco nello Yemen – questo non si è concretizzato sul terreno.

Infine, i civili nello Yemen continuano a pagare il prezzo più alto, vivendo in una situazione di conflitto senza fine e di pericolo costante. I risultati del nostro Rapporto sono un’istantanea di questa situazione e riferiscono che il 2019 è stato il secondo anno, dopo il 2018, con il numero maggiore di vittime dall’inizio delle ostilità.

La registrazione delle vittime non fa tuttavia parte del nostro mandato. Crediamo sia molto difficile, a causa delle restrizioni imposte dalle parti in conflitto e di altri fattori che limitano il lavoro umanitario e sui diritti umani nello Yemen, stabilire cifre precise riguardo le vittime civili nello Yemen o anche un’adeguata disaggregazione dei dati. Lo stesso vale per le migliaia di civili morti a causa del deterioramento delle condizioni socio-economiche, sanitarie e umanitarie, che superano in numero coloro che sono morti come conseguenza diretta della guerra.

Secondo varie fonti, dall’inizio della guerra circa 12.000 civili sarebbero morti per effetto diretto del conflitto (Fonte: Armed Conflict Location & Event Data Project). Nel 2019 più di mille civili e quasi 200 nei primi tre mesi del 2020 sono stati uccisi (Fonte: Protection Cluster Civilian Impact and Monitoring Project). Una proiezione del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (United Nations Development Programme, UNDP), pubblicata nell’aprile 2019, stimava invece in 130.000 le vittime indirette, ovvero le persone che, entro quell’anno, sarebbero morte in Yemen a causa del deterioramento delle condizioni socio-economiche, sanitarie e umanitarie del Paese.

 

Un vostro Rapporto del settembre 2019 indicava una «pervasiva mancanza di responsabilità» per violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani di tutte le parti del conflitto, «responsabili della privazione arbitraria del diritto alla vita, della detenzione arbitraria, delle sparizioni forzate, della violenza sessuale, della tortura, maltrattamenti, reclutamento di minori, violazioni delle libertà fondamentali e violazioni dei diritti economici, sociali e culturali». Un quadro pesante e drammatico che, tuttavia, sembra scuotere e mobilitare poco le opinioni pubbliche mondiali e così pure i governi. Quella in Yemen è una guerra forse più nascosta e dimenticata delle altre. È così? Di chi la responsabilità e quali le possibili soluzioni?

Un elemento chiave del mandato del GEE riguarda la ricerca di responsabilità per violazioni e abusi del diritto internazionale sui diritti umani e le violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nello Yemen dal 2014. Grazie alla risoluzione 42/2 del Consiglio per i diritti umani, il GEE ha il potere di:

  • «per quanto possibile, […] identificare gli autori» (§ 12 a);
  • fornire indicazioni su «accesso alla giustizia, definizione di responsabilità, riconciliazione e pacificazione» (§ 12 b);
  • dialogo con varie autorità e parti interessate, al fine di scambiare informazioni e fornire sostegno agli «sforzi nazionali, regionali e internazionali per stabilire le responsabilità» (§ 12 c).

Nelle sue varie relazioni, il GEE ha evidenziato l’impunità prevalente e la mancanza di responsabilità per le gravi violazioni identificate. Ha esaminato e criticato in dettaglio i sistemi di indagine nello Yemen e al di fuori dello Yemen: in particolare, il lavoro della Commissione nazionale d’inchiesta del governo yemenita e del Joint Incidents Assessment Team (JIAT) sui casi che hanno visto coinvolti la coalizione e, in misura minore, le indagini da parte delle autorità Houthi (de facto), per via delle informazioni limitate messe a disposizione del GEE dagli Houthi stessi. Il GEE è arrivato alla conclusione che l’incapacità delle parti di riconoscere la responsabilità per le violazioni e il loro rifiuto di intraprendere azioni significative per porre rimedio a questa situazione ha provocato una generale mancanza di assunzione di responsabilità. Il GEE ha stabilito l’identità degli autori, depositata presso l’Alto Commissario per i diritti umani.

Dopo sei anni di conflitto, con la situazione in campo per nulla migliorata per i civili, e l’impunità che continua a prevalere, il Gruppo degli Esperti crede fermamente che siano necessarie nuove iniziative per affrontare la questione della responsabilità.

Sebbene le parti in conflitto abbiano il dovere primario di indagare e perseguire gli autori di gravi violazioni che costituiscono crimini ai sensi del diritto nazionale o internazionale, il Gruppo è preoccupato per la mancanza di progressi in questo campo.

Il GEE riconosce che il sistema giudiziario yemenita non è l’unico adeguato a perseguire i crimini derivanti da violazioni commesse in quel paese. Tuttavia, è questo il sistema che rischia di dover trattare il maggior numero di casi. Il Gruppo di Esperti ha quindi dato priorità alla revisione dell’attuale funzionamento del sistema yemenita per determinare la sua capacità di gestire i casi relativi al conflitto in modo coerente con gli standard internazionali.

Il GEE ha concluso che nell’amministrazione della giustizia si verificano gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani. Il Tribunale penale specializzato, in particolare a Sana’a, viene utilizzato come strumento per eliminare il dissenso, intimidire gli oppositori politici e/o costruire un capitale politico da utilizzare nei negoziati. Ciò è risultato evidente nei casi come quelli avviati contro 35 deputati e contro 10 giornalisti. Le violazioni più comuni del diritto a un giusto processo includono l’uso della tortura per ottenere confessioni e il rifiuto di accesso e/o comunicazioni riservate e sicure con i propri rappresentanti legali. Inoltre, a causa dell’interferenza politica e della corruzione, non può essere garantito il diritto a essere processati da un tribunale imparziale e indipendente. I funzionari giudiziari, inoltre, si trovano a dover affrontare attacchi, arresti, minacce e intimidazioni dettate da motivi politici o da interessi personali.

Il GEE ha fatto ripetuti appelli alle autorità competenti affinché indaghino tempestivamente sulle presunte violazioni e perseguano i responsabili, in conformità con gli obblighi internazionali. Tuttavia, non siamo a conoscenza di alcun processo completato relativo alle violazioni documentate. I progressi compiuti dalle parti sono dunque estremamente limitati. Per il governo dello Yemen: 2.490 casi sono stati indagati dalla Commissione nazionale d’inchiesta, 1.000 casi sono stati deferiti al procuratore generale, ma solo 19 processi sono avviati. Per la coalizione: 190 indagini condotte dalla JIAT, 8 casi inoltrati ai pubblici ministeri militari nazionali. Per le autorità de facto: nessuna informazione disponibile, il che ha portato il Gruppo di Esperti a mettere in dubbio il loro impegno in materia di responsabilità.

Il GEE ha concluso che il sistema giudiziario yemenita non ha i mezzi e la capacità di perseguire le responsabilità dei crimini in modo coerente con il diritto internazionale dei diritti umani.

Nei nostri precedenti Rapporti avevamo prefigurato la necessità di nuove iniziative internazionali e quest’anno abbiamo chiarito la forma che queste iniziative potrebbero assumere.

Il GEE ritiene che la situazione nello Yemen dovrebbe essere deferita alla Corte Penale Internazionale (CPI) dal Consiglio di sicurezza. Questo punto di vista si basa sulla persistenza di violazioni che possono essere assimilate ai crimini internazionali e sulla mancanza di responsabilità degli autori di tali violazioni e crimini. La CPI è stata creata proprio per fare in modo che i crimini più gravi che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme non restino impuniti e per la necessità di un organismo internazionale che possa perseguire quando gli Stati non lo vogliono o possono fare. La CPI dispone di meccanismi esistenti per consentire l’indagine e il perseguimento dei «responsabili principali» di crimini internazionali ai sensi dello Statuto di Roma.

Oltre ai singoli casi che la CPI potrebbe giudicare, il fatto di portare la questione in tribunale invia un messaggio forte: nessuno è al di sopra della legge e la comunità internazionale riconosce l’importanza delle violazioni e dei crimini commessi in Yemen.

Il GEE individua il regime di sanzioni del Consiglio di Sicurezza come parte della risposta della comunità internazionale alle violazioni in corso. Tuttavia, è evidente che solo un piccolo numero di individui (oltreché solo una delle parti in conflitto) è attualmente soggetto a questo regime di sanzioni. Dato che i criteri esistenti consentono la designazione di individui sulla base del loro coinvolgimento in violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, il Gruppo incoraggia il Consiglio di Sicurezza a considerare la possibilità di ampliare l’elenco, sulla base delle informazioni disponibili.

Il GEE ha individuato la necessità di ulteriori indagini incentrate sulla giustizia penale per sostenere il perseguimento di violazioni e crimini commessi nello Yemen. Il Gruppo ha suggerito in particolare la creazione di un organismo simile a quello istituito dallo Human Rights Council per il Myanmar, o dal Consiglio di Sicurezza per la Siria, che potrebbe svolgere indagini più approfondite, utilizzando metodologie incentrate sulla giustizia penale, preparando fascicoli da condividere con le autorità competenti, a livello nazionale, regionale o internazionale.

Il Gruppo riconosce che la creazione di un tribunale specializzato richiederebbe tempo e anche un ambiente favorevole, in particolare se si dovesse prendere in considerazione un meccanismo ibrido che coinvolga lo Yemen. È anche importante che la formazione di un tale organo si basi su consultazioni successive con tutte le parti interessate. Il Gruppo ha condiviso la sua opinione sulla necessità di creare una nuova e specifica Corte o Tribunale, pur riconoscendo la necessità di ulteriore dibattito. Ha poi ha ricordato agli Stati che devono indagare sui crimini di guerra all’interno della loro giurisdizione e, se il caso, perseguire tali crimini. Gli Stati devono anche adempiere ai loro obblighi ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani di perseguire o estradare. Infine, ha incoraggiato in modo più ampio i paesi terzi a collaborare per consentire di esercitare i propri poteri giudiziari nell’ambito della “giurisdizione universale”, ove opportuno.

 

Anche a causa del conflitto, la popolazione yemenita vive una situazione sanitaria drammatica, che ha visto oltre due milioni di casi di colera, oltre a dengue, malaria, chikungunya e altre malattie diffuse a livello epidemico, complicate da fame e carestia. In quel quadro, cosa ha comportato la pandemia da Covid-19? Che misure sono state prese dalle autorità di governo e dalle parti belligeranti? Sono state efficaci?

L’epidemia di Covid-19 si è verificata in un contesto in cui appena la metà delle strutture sanitarie nello Yemen era funzionante. Le strutture operative sono poco attrezzate per affrontare la malattia. Ulteriori problemi sono quelli legati alla malnutrizione, le successive epidemie di malattie infettive, come il colera, la febbre dengue e il virus chikungunya, e la particolare vulnerabilità di alcuni gruppi a causa di sfollamenti e dello scarso accesso ai servizi sanitari, ad esempio di sfollati e rifugiati.

A ciò si aggiungono le misure gravemente inadeguate adottate dalle autorità yemenite, gli Houthi e il Consiglio per la transizione meridionale sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti, la scarsa raccolta di dati e i tentativi, denunciati, di nascondere le informazioni sui tassi di infezione. Di conseguenza, è molto difficile stabilire il numero esatto di persone morte a causa di Covid-19, poiché le cifre ufficiali non riflettono la realtà. Il Gruppo di Esperti ha ripetutamente chiesto il rilascio dei detenuti, uno dei gruppi di popolazione a maggior rischio di infezione.

L’attuale mancanza di fondi per l’assistenza umanitaria internazionale aggrava la crisi nel paese. All’evento di alto livello tenutosi a Riyadh nel giugno 2020, i donatori hanno promesso solo 1,35 miliardi di dollari dei 2,41 miliardi necessari per coprire le attività umanitarie essenziali tra giugno e dicembre 2020 Questo divario è tanto più preoccupante perché, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, OCHA), da metà aprile 2020, 31 dei 41 programmi delle Nazioni Unite essenziali per la lotta contro il Covid-19 sono stati ridotti o chiusi per mancanza di risorse. La metà di tutti i principali programmi delle Nazioni Unite nello Yemen risente della mancanza di fondi, così che già 12 dei 38 principali programmi sono stati chiusi o drasticamente ridotti. Tra agosto e settembre 2020 è probabile che altri 20 programmi vengano ulteriormente ridotti o chiusi. Ramesh Rajasingham, Segretario generale aggiunto per gli affari umanitari, ha affermato che entro la fine di agosto, senza finanziamenti aggiuntivi, i programmi idrici e igienico-sanitari saranno ridimensionati del 50% in 15 città; a settembre verranno interrotti gli aiuti a quasi 400 ulteriori strutture sanitarie, privando 9 milioni di persone di cure mediche; verrà interrotto il trattamento per più di 250.000 bambini gravemente malnutriti, bambini che moriranno senza assistenza.

 

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’inizio della guerra vi sono stati in Yemen almeno 142 attacchi a ospedali e altre strutture mediche. Attualmente, sono funzionanti meno del 50% delle strutture sanitarie, oltre alla carenza di specialisti, attrezzature e medicinali. L’attacco deliberato contro gli ospedali non dovrebbe essere di per sé considerato un crimine di guerra e le parti responsabili deferite all’International Criminal Court? Cosa si può fare per bloccare o almeno limitare questi comportamenti?

Il Gruppo di Esperti rimane preoccupato per i danni ingenti causati agli ospedali e alle strutture mediche a seguito del comportamento delle parti in conflitto, che sta esacerbando la crisi umanitaria nello Yemen. In periodi precedenti, il Gruppo ha indagato su casi di uso militare di ospedali e danni causati da attacchi.

In base al diritto internazionale umanitario, il personale medico, le strutture e i trasporti godono di una protezione speciale. Di conseguenza, il personale medico deve essere rispettato e protetto in ogni momento e il suo lavoro può essere ostacolato solo per ragioni di necessità militare. La stessa protezione si estende alle unità sanitarie e ai trasporti, che devono essere rispettati e protetti in ogni momento e in ogni circostanza, e non devono essere oggetto di attacco. Ma queste strutture o personale perdono la loro protezione se vengono utilizzati per commettere atti ostili. Anche quando si tratta di un’unità medica utilizzata contro il nemico, deve però essere emesso un avvertimento e, se necessario, deve essere fissato un ragionevole periodo di tempo prima di qualsiasi attacco. È un crimine di guerra dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali, unità mediche, mezzi di trasporto e persone che utilizzano i simboli distintivi delle Convenzioni di Ginevra, in conformità con il diritto internazionale. Il diritto internazionale umanitario, inoltre, prevede che i feriti e i malati siano rispettati e protetti, indipendentemente dal loro precedente coinvolgimento nel conflitto o meno. Oltre alle protezioni specifiche del diritto internazionale umanitario, il diritto internazionale dei diritti umani riconosce il diritto di tutti al godimento del più alto livello di salute possibile. Anche le azioni che interferiscono direttamente con l’ottenimento dell’assistenza sanitaria possono costituire una violazione di questo diritto.

 

Tutte le guerre comportano violazione di diritti umani, sofferenze e morte in particolare per le popolazioni civili, ma, al contempo, grandi profitti per chi costruisce e commercia armamenti. La guerra in Yemen non fa eccezione. Molte delle bombe che cadono sulla testa degli yemeniti sono di produzione europea, come rilevato e denunciato anche dal vostro Gruppo di Esperti. Anche qui: perché non si riesce a impedire questo sanguinoso commercio? Che strumenti e poteri possono – o dovrebbero – avere al riguardo le Agenzie delle Nazioni Unite e l’International Criminal Court?

In alcuni casi, la fornitura di armi o supporto logistico a una delle parti in conflitto potrebbe equivalere a «aiutare o assistere» consapevolmente la parte nella commissione di un atto internazionalmente illecito, rendendo così lo Stato che fornisce le armi responsabile di questo atto. Tuttavia, resta da stabilire se le condizioni per la complicità, in particolare nei crimini di guerra, siano soddisfatte laddove si parla di Stati che trasferiscono armi allo Yemen.

Canada, Francia, Iran, Regno Unito e Stati Uniti sono specificamente menzionati nel nostro Rapporto, come parte di un elenco non esaustivo, in particolare per quanto riguarda il trasferimento di armi. Come ogni Stato terzo, hanno l’obbligo di assicurare e garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario. Tuttavia, la responsabilità di adottare delle misure aumenta con il livello di influenza che un determinato Stato ha sulle parti in conflitto.

Gli Stati citati hanno una grande influenza sulle parti coinvolte in Yemen. E sono menzionati in questo Rapporto a causa di tale influenza, che pesa sulla loro responsabilità come Stati terzi. Il volume dei loro trasferimenti di armi e la probabilità dell’utilizzo di quelle armi nel conflitto nello Yemen sono fattori determinanti. Non abbiamo però svolto un’indagine specifica su questi trasferimenti perché non fa parte del mandato del GEE.

Il Gruppo di Esperti del Consiglio di Sicurezza sta già esaminando in dettaglio questi problemi. Come ho detto, il Gruppo non ha affrontato questo particolare problema dell’approvvigionamento di armi dall’Iran; spetterebbe ad altri farlo. Del resto, le informazioni che abbiamo sulla quantità di trasferimenti di armi dagli Stati che abbiamo menzionato sono di pubblico dominio.

Il Rapporto GEE ha concluso che alcuni degli attacchi della coalizione costituiscono violazioni del diritto internazionale umanitario. Il GEE non ha presentato osservazioni specifiche nei tribunali nazionali, ma può darsi che i tribunali del Regno Unito o di qualsiasi altro paese che esamina queste questioni debbano considerare più in dettaglio alcune delle potenziali violazioni sollevate dal GEE per determinare se le vendite di armi possano continuare. Il GEE esorta tutti gli Stati interessati ad astenersi dal fornire armi a qualsiasi dei paesi coinvolti nel conflitto nello Yemen, vista l’elevata probabilità che queste armi possano essere utilizzate per commettere violazioni del diritto internazionale umanitario.

Il Gruppo ha nuovamente ricordato agli Stati che devono indagare sui crimini di guerra all’interno della loro giurisdizione e, se è il caso, perseguire tali crimini.

 

I bambini yemeniti stanno pagando un prezzo ancora più terribile rispetto al resto della popolazione. Ha dei dati al riguardo?

Dopo sei anni di conflitto, gravi violazioni dei diritti dei bambini continuano a provocare danni irreparabili e sofferenze alla crescita e alla vita dei bambini nello Yemen. Oggi questi bambini rappresentano la metà dei 24,3 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria nel paese. Inoltre, a causa della loro dipendenza dalle famiglie e dalle comunità per il sostegno, la cura e la protezione, i bambini nello Yemen sono spesso vittime collaterali delle violazioni contro le loro famiglie, insegnanti e medici che hanno perso la vita o la fonte di reddito, sono stati detenuti, sfollati o hanno subito altre violazioni.

Il comportamento di tutte le parti in conflitto spesso colpisce il diritto fondamentale dei bambini alla vita, alla salute, allo sviluppo, alla protezione dalla violenza, dagli infortuni e dagli abusi, nonché il loro diritto all’istruzione. I dati del progetto di monitoraggio dell’impatto civile del gruppo di protezione dello Yemen mostrano che, da gennaio a giugno 2020, sul totale delle vittime degli atti di ogni genere di violenza armata, inclusi gli attacchi aerei, a opera di tutte le parti in conflitto, il 28% degli uccisi e il 30% dei feriti erano bambini (Fonte: https://civilianimpact.activehosted.com/archive/15).

Nel giugno 2020 il Segretario generale ha rimosso le forze della coalizione dalla lista allegata al suo Rapporto annuale sui bambini e i conflitti armati (“lista nera”) e ha identificato le forze e i gruppi coinvolti nella violazione dei diritti dei bambini in questo conflitto. Questa decisione è stata presa dal Segretario generale nonostante i suoi stessi Rapporti parlino di 222 bambini uccisi o mutilati dalle forze della coalizione, inclusi 171 bambini in attacchi aerei nel 2019, il che rappresenta una diminuzione del 69% da attribuire alla coalizione nel 2018, ma resta il fatto che il tasso di mortalità infantile è ancora molto alto. Piuttosto, i criteri fissati dal Segretario generale nel 2010 specificano che la rimozione della “lista nera” può avvenire solo dopo che le violazioni sono cessate completamente per un periodo di un anno, indipendentemente dalle misure di protezione adottate. Il GEE esprime dunque preoccupazione per il ritiro avvenuto dalla lista degli Stati della coalizione guidati dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, poiché molti bambini continuano a essere uccisi o mutilati a causa del conflitto. Si segnala che nella lista sono ancora presenti altri soggetti non facenti parte della coalizione e si sottolinea la necessità di un’eguale applicazione degli standard fissati dal Segretario generale delle Nazioni Unite nel 2010 per l’inclusione/rimozione dall’elenco nell’ambito del meccanismo di monitoraggio e comunicazione di tutte le parti in conflitto nello Yemen.

In un contesto di grave insicurezza alimentare, gli ostacoli all’assistenza umanitaria e al declino economico, i tassi di malnutrizione e fame tra i bambini sono davvero estremamente alti. Queste cifre sono ulteriormente aumentate dopo lo scoppio del Covid-19. Sebbene il virus risparmi la maggior parte dei bambini, l’epidemia accresce il rischio per gli adulti che si prendono cura di loro e del loro sostentamento, nonché di servizi sanitari ed educativi vitali. Ciò, a sua volta, aumenta i rischi di ricorrere a strategie di sopravvivenza economica, come il reclutamento di bambini, il matrimonio precoce e forzato e il lavoro. L’UNICEF e lo Yemeni Health Cluster hanno riferito che l’interdipendenza dell’epidemia e l’impatto cumulativo di anni di conflitto sul sistema sanitario yemenita e sul suo finanziamento hanno determinato una diminuzione dell’81% dei servizi da gennaio ad aprile 2020, la fine dei programmi di vaccinazione contro il tetano, la difterite e la poliomielite e la chiusura delle scuole (che interessano 7,8 milioni di bambini). Secondo l’UNICEF, entro la fine del 2020, questi fattori potrebbero portare ulteriori 30.000 bambini nello Yemen a soffrire di grave e seria malnutrizione, circa la metà dei bambini sotto i cinque anni a essere malnutriti e un aumento del 28% delle morti evitabili di bambini sotto i cinque anni.

Il GEE ha trovato fondati motivi per ritenere che gli Houthi, il governo dello Yemen e la coalizione abbiano continuato a compromettere il diritto dei bambini all’istruzione e reclutato bambini da utilizzare nel conflitto, in violazione del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Il reclutamento di bambini di età inferiore ai 15 anni nelle forze armate o in gruppi o il loro utilizzo per partecipare attivamente alle ostilità è un crimine di guerra. Il Gruppo, inoltre, conclude che l’uso militare delle scuole e le violazioni contro gli insegnanti limitano l’accesso dei bambini all’istruzione durante il conflitto, mentre le attività di indottrinamento degli Houthi minano i corretti obiettivi dell’educazione finalizzata allo sviluppo del rispetto dei diritti umani e alla preparazione dei bambini a una vita responsabile in una società libera. Il GEE, infine, ha riscontrato che gli Houthi violano il diritto alla libertà e alla sicurezza personale degli educatori, nonché il diritto alla libertà di parola.

 

Lei ha una lunga e qualificata esperienza di difensore dei diritti umani. La guerra in Yemen è stata definita «il peggior disastro umanitario causato dall’uomo». Conferma questa valutazione? In questo caso, quali sono le particolarità, in negativo, che caratterizzano quella guerra rispetto a tante altre?

I numeri sono al riguardo eloquenti. Nel marzo 2019, il Programma alimentare mondiale ha annunciato che lo Yemen stava affrontando «la più grande crisi alimentare del mondo». A giugno 2019, i casi di carestia sono stati confermati in dozzine di luoghi in tutto lo Yemen dal coordinatore dei soccorsi. Si stima che 24,1 milioni di persone abbiano avuto bisogno di assistenza per sopravvivere all’inizio del 2019, quasi l’80% della popolazione, di cui 18,2 milioni di donne e bambini. Secondo le organizzazioni di servizi umanitari, a dicembre 2018 avevano bisogno di cure per malnutrizione acuta 3,2 milioni di persone, tra cui oltre 2 milioni di bambini sotto i cinque anni, mentre 1,14 milioni di donne, ragazze, donne incinte o che allattano soffrono di denutrizione e 144.000 donne hanno complicazioni durante il parto.

Nel 2014 lo Yemen era già stato dichiarato vittima di una crisi umanitaria su vasta scala, con oltre la metà della popolazione che aveva bisogno di qualche forma di assistenza umanitaria. Il conflitto ha esacerbato le vulnerabilità preesistenti, compresa la forte dipendenza dal cibo importato, forniture mediche e carburante, nonché le rimesse di una consistente forza lavoro all’estero.

Si teme che tutte le parti in conflitto nello Yemen abbiano utilizzato la fame come metodo di guerra, attaccando oggetti essenziali per la sopravvivenza della popolazione, imponendo assedi o utilizzando i blocchi militari come tattica e addirittura impedendo la consegna degli aiuti umanitari. Gli effetti di queste azioni sono stati esacerbati dal mancato rispetto dei diritti economici, sociali e culturali, in particolare del diritto a un tenore di vita adeguato e del diritto al lavoro.

In questo contesto, è anche necessario ribadire il forte appello fatto dal Consiglio di Sicurezza nella risoluzione 2417, che esorta gli Stati a condurre indagini indipendenti, complete, imparziali ed efficaci all’interno della loro giurisdizione sulle violazioni del diritto internazionale umanitario legate all’uso della carestia come arma di guerra.

 

* Intervista a cura di Sergio Segio, dal 18° Rapporto sui diritti globali – Stato dell’impunità nel mondo 2020

 

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Kamel Jendoubi: di origine tunisina, è stato presidente dell’Autorità Elettorale Superiore Indipendente (Independent Higher Electoral Commission, ISIE) che ha organizzato le prime elezioni libere e democratiche in Tunisia, nell’ottobre 2011. Da febbraio 2015 ad agosto 2016 è stato Ministro incaricato delle relazioni con istituzioni costituzionali indipendenti, società civile e diritti umani. È stato membro e presidente di diverse associazioni per la difesa dei diritti umani, tra cui la rete euro-mediterranea per i diritti umani e l’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani. È stato anche membro del Consiglio esecutivo dell’Organizzazione mondiale contro la tortura. Nel dicembre 2017, è stato nominato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani a guidare un gruppo di esperti internazionali e regionali incaricati di indagare sulle violazioni dei diritti umani in Yemen. Gruppo che tuttora presiede.

Ha trascorso 17 anni in esilio a causa del suo attivismo per i diritti umani in Tunisia.

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18° Rapporto sui diritti globali – Stato dell’impunità nel mondo 2020, “Il virus contro i diritti”, a cura di Associazione Società INformazione.

L’edizione italiana, Ediesse-Futura editore, in formato cartaceo può essere acquistata anche online: qui
L’edizione internazionale, in lingua inglese, Milieu edizioni, può essere acquistata qui in cartaceo e qui in ebook

 

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Ph: Kamel Jendoubi,  by isietn, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons



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