Beppe Caccia di Mediterranea: «Criminale è chi sostiene i libici»

Beppe Caccia di Mediterranea: «Criminale è chi sostiene i libici»

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Migranti. Dopo la richiesta di archiviazione dei Pm di Agrigento, il capomissione di Mediterranea Beppe Caccia guarda avanti: «Pronti a tornare in mare, ma bisogna smettere di finanziare Tripoli»

La richiesta di archiviazione di tutte le accuse contro comandante e capomissione di Mediterranea per il soccorso del 9 maggio 2019 ha fatto notizia soprattutto per le sue motivazioni. I pm di Agrigento Salvatore Vella e Cecilia Baravelli hanno accolto in toto le ragioni delle Ong: rifiuto di consegnare i migranti ai libici; scelta dell’Italia come porto sicuro di sbarco; adeguatezza delle navi. Ne parliamo con uno dei due indagati, Beppe Caccia.

In che clima politico si inseriva quel soccorso?

Era l’epoca dei porti chiusi. Oggi sembra lontana, ma allora furono la determinazione dei migranti in fuga dalla Libia e la caparbietà con cui abbiamo messo in mare la prima nave italiana a dimostrare che i porti chiusi erano una tigre di carta. Prima con la forzatura praticata dal capitano Pietro Marrone e dal capomissione Luca Casarini, poi con la missione di maggio.

Siete sorpresi dalla richiesta di archiviazione dei Pm?

No, ma ci ha fatto scoprire alcune cose che non sapevamo. Per esempio che quel giorno diversi centri europei di coordinamento del soccorso marittimo erano informati dalla mattina che in mare c’era un gommone in difficoltà. Nessuno, però, ha lanciato l’Sos. Quando abbiamo trovato i migranti stavano pregando. Si preparavano a morire. Bisognerebbe indagare queste omissioni di soccorso.

I procedimenti contro le Ong finiscono archiviati, mentre l’ex ministro Salvini tornerà sabato in tribunale, accusato di sequestro di persona e abusi di atto d’ufficio. C’è un nesso?

Ogni inchiesta fa storia a sé, ma dal 2017 ne sono state aperte oltre venti contro le Ong del Mediterraneo e quasi tutte sono state archiviate. Nella vicenda del blocco di Open Arms in cui è coinvolto Salvini ci siamo costituiti parte civile. Il processo farà il suo corso, ma la storia ha già condannato chi decise, per cinici calcoli elettorali, di tenere decine di persone sul ponte di una nave per giorni.

Caduto Salvini, al Viminale è arrivata la ministra Luciana Lamorgese. È cambiato qualcosa?

Sarebbe sbagliato dire che è sempre tutto uguale. È cambiato l’atteggiamento verso gli sbarchi e la volontà di aprire un canale di comunicazione con le Ong. Negli ultimi due anni le navi hanno avuto un porto, sebbene ogni volta debbano affrontare ritardi ingiustificabili. Non è cambiata, però, la strategia di fondo. Anzi: è diventata più efficiente. Lo mostrano i numeri record delle catture di migranti operate dai libici. L’ultimo dato dell’Oim è di 26.705 intercettazioni nel 2021. Dietro questi numeri c’è tutta la violenza dell’esternalizzazione dei confini. Se non cambia questa strategia, anche se si ammorbidisce l’approccio al soccorso in mare, rischiamo di abituarci a una nuova normalità meno appariscente ma molto più letale.

C’è un cortocircuito tra questa strategia politica e le conclusioni dei Pm secondo cui la Libia non è sicura per i migranti ed è giusto non consegnarli alla «guardia costiera» di Tripoli?

I Pm dicono qualcosa in più: che è giusto non comunicare con la «guardia costiera libica» e il suo inesistente centro di coordinamento dei soccorsi. Che è corretto non relazionarsi proprio con questi soggetti perché hanno comportamenti omissivi o criminali. E però vengono finanziati e addestrati dall’Italia, per esempio nella scuola navale della guardia di finanza di Gaeta. Leggendo le carte dei Pm di Agrigento viene fuori una contraddizione non più sopportabile. Chi finanzia operazioni, mezzi e uomini della «guardia costiera libica» è contro il diritto internazionale e complice di condotte criminali. Prima o poi qualcuno dovrà trarne le conclusioni.

Dopo i soccorsi in acque internazionali della zona di ricerca e soccorso (Sar) maltese la guardia costiera italiana invita le Ong a rivolgersi a La Valletta. I Pm, però, affermano che Mediterranea ha fatto bene a puntare su Lampedusa. Perché?

Nonostante Malta sia un paese Ue, le sue autorità hanno dimostrato atteggiamenti omissivi quando si tratta di intervenire nella enorme zona Sar che hanno autoproclamato per ragioni economiche. In più non riconoscono un pezzo significativo della normativa dell’Organizzazione marittima internazionale. La Sar maltese è un altro buco nero nelle vicende del Mediterraneo centrale. Comunque nessuno stato costiero può esimersi dal dovere al soccorso. L’Italia in primis, perché ha una guardia costiera preparata e dotata di mezzi tecnici adeguati. Il primo ministro Mario Draghi disse che il nostro paese non abbandona nessuno nelle acque territoriali, ma il dovere al soccorso si estende molto oltre.

Da un anno e mezzo di Mediterranea si parla più per i processi penali che per i soccorsi. Riuscirete a tornare in mare?

La Mare Jonio è in cantiere. Stiamo ultimando i lavori necessari per rinnovare le certificazioni. Mediterranea è finita nel mirino della criminalizzazione, ma grazie al sostegno di tante e tanti la sua nave tornerà in mare nel giro di qualche settimana. Partiremo guardando alla straordinaria lotta dei rifugiati e rifugiate che da quasi 20 giorni sono davanti agli uffici Unhcr di Tripoli. Quella battaglia indica la strada: non basta una generica promessa di corridoi umanitari, è urgente un’operazione straordinaria di evacuazione di tutte le persone che si trovano in ostaggio nei centri di prigionia.

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto



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