Negli Stati Uniti le politiche espansive funzionano: 217 mila posti di lavoro in più
Gli Stati Uniti hanno registrato un tasso di disoccupazione del 6,3%. Un dato impressionante, comunque lo si voglia interpretare. Non è tutto oro ciò che luccica. Il tasso di occupazione, un indicatore economico molto più significativo dello stato di salute del lavoro, rimane ai minimi storici degli ultimi 30 anni, ma la capacità di richiamare al mercato del lavoro un numero così imponente di persone significa che le politiche espansive statunitensi funzionano. Forse è questa la vera, grande e positiva notizia che arriva dagli Stati Uniti.
La prossima Commissione Europea dovrebbe prendere spunto dalle buone politiche espansive che si sono realizzate oltre oceano. Certamente sono tanti ed enormi i problemi che questo Paese deve risolvere, ma la politica, la banca centrale e il bilancio pubblico hanno concorso a realizzare questo piccolo risultato. Si potesse dire la stessa cosa dell’Europa e dei governi italiani; oggi potremmo parlare e discutere di ben altri temi.
Il lavoro si crea facendo investimenti, politica industriale, spesa pubblica intelligente, generando ricerca e sviluppo. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto questo. Non è scomparso il problema del lavoro povero e precario, ma un conto è intervenire e risolverlo in una società che cresce, un altro conto è intervenire in una società che si impoverisce. È stata la crescita del 6% del PIL tra il 2009 e il 2013 ha creare le condizione del risveglio statunitense. In Europa il PIL è diminuito dell’1,5%, mentre in Italia è calato del 9%.
Come potevamo creare lavoro? Gli investimenti fissi lordi degli Stati Uniti, negli ultimi 4 anni, sono cresciuti di quasi il 23%, di cui una parte interessante rivolta a nuove attività produttive. Provate, ora, a immaginare nuovo lavoro in Italia con una riduzione degli investimenti del 14% e del meno 3% in l’Europa. Impossibile.
Gli investimenti hanno determinato una crescita della produzione industriale del 4%, soprattutto per i beni strumentali, mentre in Italia è diminuita del 20 e passa per cento. L’Europa è messa meglio dell’Italia, ma in realtà la Germania ha sussunto la produzione di molti Paesi del sud Europa. La svalutazione implicita del 40% dell’euro marco pesa tantissimo, anche se i paesi periferici non hanno fatto molto per migliorare il proprio tessuto produttivo.
La spesa pubblica in deficit ha fatto la differenza. Certamente non tutta la spesa pubblica statunitense è buona, ma l’amministrazione Obama non ha ridotto la domanda aggregata con il taglio della spesa pubblica, ma ha fatto crescere il debito e il deficit pubblico. Solo i Repubblicani americani e la Commissione Europea sostengono l’austerità nel bel mezzo della povertà.
Il risultato della disoccupazione statunitense non è importante perché è diminuita nel corso di questi ultimi anni. Come già ricordato il tasso di occupazione è fermo a 30 addietro. Quindi la crisi non è passata. È il messaggio di politica economica che arriva dagli Stati Uniti che deve interrogare le amministrazioni europee e italiane. Si potrebbe uscire dalla crisi con della buona spesa pubblica, fatta di infrastrutture intelligenti, di ricerca e sviluppo. La prossima Commissione Europea e il semestre italiano hanno tanto di cui discutere.
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