Il premier Conte inciampa sulla Libia, irrita Serraj che diserta il vertice

«Non ci possono essere dialoghi o incontri con il criminale di guerra Haftar» attacca da Bruxelles Hafed Gaddur, ambasciatore libico presso l’Unione europea. Passano poche ore e anche da Mosca arrivano bordate pesanti nei confronti dell’Italia, accusata di fatto dal capo del gruppo di contatto russo per la Libia, Lev Dengov, di incapacità per non essere riuscita a organizzare in maniera corretta l’incontro tra il premier libico Fayez al Serraj e il generale Khalifa Haftar che ieri ha di nuovo scatenato raid aerei contro Misurata nel tentativo di aprirsi la strada verso Tripoli.
Rischia di complicare ancora di più la crisi libica lo scivolone diplomatico compiuto ieri dall’Italia. Nel tentativo di scavarsi un ruolo di mediatore mostrandosi equidistante tra le parti, il premier Conte ha convocato a Roma i due principali protagonisti della crisi dimenticando, a quanto pare, di avvertire l’uno della presenza dell’altro. Il risultato è che mentre l’uomo forte della Cirenaica si è presentato all’incontro sapendo di non avere nulla da perdere, ma soprattutto di poter contare sul sostegno di Egitto, Russia e Francia, a Serraj la mossa italiana non è piaciuta affatto. Da Bruxelles, dove ieri ha incontrato il capo della diplomazia Ue Josep Borrell, anziché partire per Roma dove nel pomeriggio era atteso da Conte a palazzo Chigi, ha preferito tornare direttamente a Tripoli.
A questo punto se davvero ancora esiste una possibilità che la situazione in Libia non peggiori ulteriormente con l’intervento turco a sostegno di Tripoli, questa è affidata agli ultimi scampoli di capacità diplomatiche che l’Unione europea deve dimostrare di possedere. Anche l’incontro avuto ieri al Cairo dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio con i colleghi di Egitto, Francia, Grecia e Cipro non ha dato infatti i risultati che forse il capo della Farnesina sperava. La riprova è nel fatto che a conclusione dell’incontro l’Italia non ha firmato il documento finale perché ritenuto troppo sbilanciato a favore di Haftar. venerdì a Bruxelles i ministri degli esteri dei 28 si riuniranno per un vertice straordinario nel quale, oltre che di Libia, si parlerà anche di Iran e Iraq, ma sembra difficile che possa uscire qualcosa di più di una data nella quale tenere la più volte annunciata conferenza di Berlino alla quale dovrebbe partecipare anche la Russia.
Nel frattempo in Libia potrebbe scattare anche il cessate il fuoco a partire dalla mezzanotte di domenica. Da Istanbul, dove si trovavano per l’inaugurazione del gasdotto Turkstream, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan – che appoggia Serraj – e quello russo Vladimir Putin – che sostiene Haftar – lo hanno chiesto ai due contendenti a dimostrazione di come il premier libico e il generale della Cirenaica siano sempre meno determinanti nel decidere quanto accadrà in Libia.
La possibilità di un cessate il fuoco non sarebbe intanto stata esclusa da Haftar. Stando a fonti di palazzo Chigi, infatti, il generale ne avrebbe parlato con il premier Conte nell’incontro di tre ore che i due hanno avuto ieri a palazzo Chigi. «E’ la precondizione per un dialogo, che è la sola soluzione possibile», avrebbe spiegato Conte che non avrebbe nascosto il suo disappunto per l’attentato alla caserma dei cadetti libici.
Per venerdì il premier ha convocato un vertice con maggioranza e opposizione per discutere della situazione nel Paese nordafricano ma anche di Ira e Iraq. Conte ha inoltre sentito il presidente della Repubblica Mattarella, aggiornandolo sul dossier libico.
Dopo lo scivolone di ieri la Libia rischia però di diventare l’ennesima grana per il governo giallorosso che ieri sera ha cercato i ricostruire i contatti con Tripoli. Stando a una versione, dietro la decisione di Serraj di non fermarsi a Roma ci sarebbero state alcune fake news secondo le quali Conte avrebbe cercato di far incontrare il premier libico con Haftar. Ipotesi negata categoricamente da palazzo Chigi. Spiegazioni che non bastano alle opposizioni, con Matteo Salvini che dà al premier del «pericoloso incapace» «per una semplice questione di protocollo, prima ancora che di politica».
* Fonte: Leo Lancari, il manifesto
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