Indios senza protezioni, il Covid minaccia le comunità in Perù
Nella classifica latinoamericana dei paesi più colpiti dal Covid-19, il Perù figura al secondo posto, dietro al Brasile, per numero di casi (oltre 108mila) e di decessi (più di 3.100). Il virus minaccia in particolare i cinque milioni di abitanti che, in base al censimento del 2017, affermano la propria appartenenza a una delle nazionalità indigene del paese, 48 amazzoniche e quattro andine.
Nella comunità di Willoq, nella valle sacra degli incas vicino a Cusco, il Covid-19 è arrivato, il 20 aprile, con un «forestiero» dal respiro affannoso a cui un membro della comunità aveva aperto le porte della sua casa perché riposasse e che la mattina dopo era morto senza riuscire neppure a dire il suo nome.
Ci sono voluti tre giorni perché lo portassero via. È così che il virus ha cominciato a diffondersi per gli otto popoli indigeni della regione, dove vivono 335mila discendenti degli incas.
Nessuno, in realtà, sa quanti siano gli indigeni contagiati nel paese: nei rapporti del Ministero della Salute la componente etnica non è presa in considerazione. E benché i popoli originari siano una fascia estremamente a rischio, a causa degli alti indici di denutrizione e anemia, il governo ha impiegato ben 56 giorni a disporre, con un decreto legislativo, generiche misure di protezione.
Un alto numero di contagi si registra in Amazzonia, dove vivono circa 400mila indigeni: solo nella regione di Ucayali, 45 indios shipibo sono morti con sintomi legati al Covid-19.
La situazione è particolarmente grave nel dipartimento di Loreto dove, con un sistema sanitario al collasso, si registrano più di 2.300 casi positivi e oltre mille decessi (ma sono dati sottostimati). «Stiamo perdendo la guerra», ha affermato Oscar Ugarde, un medico impegnato nello studio delle politiche di salute pubblica.
I popoli indigeni si difendono come possono, chiudendo le proprie comunità al passaggio di estranei e – in assenza di mascherine, disinfettanti, tamponi, farmaci e persino informazioni – rifugiandosi nella medicina tradizionale. Ma, mentre il sistema sanitario collassa, il virus avanza.
E in un paese in cui oltre il 20% del territorio è coperto da concessioni minerarie di vario tipo, il Covid-19 si diffonde rapidamente anche nel settore estrattivista, che neppure la pandemia è riuscita a fermare: secondo alcune stime, sarebbero almeno 718 i minatori già contagiati.
* Fonte: Claudia Fanti, il manifesto
Related Articles
SUDAFRICA. Ondata di scioperi contro il caro vita e i bassi salari
Una nuova ondata di scioperi scuote il Sudafrica. Dopo i metalmeccanici, ieri hanno incrociato le braccia anche i lavoratori della Beers, una miniera di diamanti. Una vertenza sul salario che non ha ancora trovato soluzione. Il sindacato chiede un aumento del 15%, la direzione ne propone uno del 7%.
Escalation. Israele e Hezbollah, un passo oltre la guerra d’attrito
Ieri è stato il giorno più vicino a un conflitto aperto tra Israele e Hezbollah dal 7 ottobre. Attacchi incrociati lungo il confine israelo-libanese. Il gruppo sciita: «È solo l’inizio»
Povertà e disagio, aumenta la spesa dei comuni: 510 milioni