Cambiare il carcere. Missione impossibile?

Cambiare il carcere. Missione impossibile?

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Orrendo massacro. Così la Procura della Repubblica ha definito il pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, parole forti come quelle usate da Massimo D’Alema per Bolzaneto: macelleria messicana. Parole forti, necessarie ma non sufficienti.

La ministra Marta Cartabia ha efficacemente denunciato il «tradimento della Costituzione» e ha parlato di «oltraggio alla dignità della persona dei detenuti». L’interrogativo è il che fare perché si sa tutto ma non si fa nulla.

Vent’anni fa, da sottosegretario alla Giustizia, stroncai le manovre di occultamento delle botte organizzate scientificamente nel carcere di Sassari. Una squadra fatta venire da Napoli agli ordini di un comandante con l’impermeabile bianco, ridusse a corpi vilipesi i detenuti inermi e impotenti, tradotti poi in altre carceri coperti da sacchi neri per non disperdere sangue ed escrementi.

Anche in quell’occasione i medici tradirono il loro mandato. Ora la mancata denuncia è più grave, perché la salute adesso è affidata al Servizio sanitario pubblico e non a una medicina domestica e subalterna.

Chi si occupa di carcere da mezzo secolo ricorda le squadrette specializzate nel Santantonio, denunciate da Ernesto Rossi, ma oggi dopo tanti casi di mele marce (Asti, Torino, Firenze, San Gimignano, solo per ricordare recenti episodi), viene da chiedersi dove sia precipitata la smilitarizzazione del Corpo degli Agenti di Custodia.

Non possiamo affidarci alla individuazione delle responsabilità personali da parte della magistratura.

Questo è davvero il momento di un sussulto per la riforma del carcere e della giustizia. È ora di aggredire il sovraffollamento cambiando la legge criminogena sulle droghe che riempie le carceri della metà dei detenuti. Un carcere senza consumatori, piccoli spacciatori, poveri, stranieri (tutti “nemici perfetti”), sarebbe riservato ai gravi delitti contro la persona, l’ambiente, i reati finanziari e informatici.

Allora si dovrebbe pensare a un cambiamento radicale, riservando un corpo di polizia solo per l’Alta sicurezza strettamente definita e delimitata. Come in Spagna, avere un corpo civile, preparato ad affrontare relazioni umane bandendo la violenza, e mettendo fine a questa guerra tra ultimi e penultimi, guardie e ladri, carichi di odio, disprezzo e sadismo.

Diciamo basta a un carcere finto sostituto del welfare che non c’è, una discarica sociale che mima la rieducazione e il reinserimento sociale sulla base del paternalismo autoritario e di un sistema premiale ossificato.

Siamo riusciti a chiudere i manicomi giudiziari, non può essere un sogno o una utopia velleitaria eliminare il carcere almeno per quelli che sono individuati come soggetti fragili.

Insisto. Dopo novant’anni, bisogna abrogare il Codice Rocco e riscrivere il patto sociale con la riserva di codice, abbandonando la strada delle leggi speciali o eccezionali con aumenti di pena demagogici sempre più incomprensibili.

Il diritto penale minimo e mite non può essere archiviato per il tempo del mai, di un futuro improbabile. Troppe occasioni sono state sprecate, la ministra Cartabia saprà realizzare la giustizia giusta?

 

* Presidente Comitato Scientifico Società della Ragione, dalla newsletter del Comitato Verità e giustizia per le morti in carcere

 



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